«(…) Lo si creda o no, fa lo stesso, abbiamo conosciuto operai che avevano voglia di lavorare.
Non pensavano ad altro che a lavorare.
Noi abbiamo conosciuto operai che al mattino non pensavano ad altro che a lavorare.
Si alzavano al mattino, e di buon’ora, e cantavano all’idea che potevano lavorare.
A mezzogiorno cantavano andando a mensa. (…)
Nella maggior parte dei laboratori si cantava. Oggi si sbuffa. (…)
Noi abbiamo conosciuto un onore del lavoro esattamente eguale a quello che nel medio evo governava la mano e il cuore.
Era lo stesso conservato intatto fino a noi.
Noi abbiamo conosciuto un’attenzione fino alla ricerca della perfezione, sia nell’insieme, che nei più piccoli dettagli.
Durante tutta la mia infanzia io ho visto impagliare sedie con lo stesso spirito, lo stesso cuore e la stessa mano, con cui lo stesso popolo aveva costruito le sue cattedrali.
Un tempo gli operai non erano servi.
Lavoravano.
Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore.
La gamba di una sedia doveva essere ben fatta.
Era naturale, era inteso.
Era un primato.
Non occorreva che fosse ben fatta per il salario, o in modo proporzionale al salario.
Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone.
Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura.
Una tradizione venuta, risalita dal profondo della razza, una storia, un assoluto, un onore esigevano che quella gamba di sedia fosse ben fatta.
E ogni parte della sedia fosse ben fatta.
E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano. Secondo lo stesso principio delle cattedrali.
E sono solo io – io ormai così imbastardito – a farla adesso tanto lunga.
Per loro, in loro non c’era allora neppure l’ombra di una riflessione
Il lavoro stava là.
Si lavorava bene.
Non si trattava di essere visti o di non essere visti.
Era il lavoro in sé che doveva essere ben fatto.
Un sentimento incredibilmente profondo che oggi definiamo l’onore dello sport, ma a quei tempi diffuso ovunque.
Non soltanto l’idea di raggiungere il risultato migliore possibile, ma l’idea, nel meglio, nel bene, di ottenere di più. (…)»